Negli ultimi tempi sta emergendo a Milano uno stereotipo sociale ben definito, descritto in maniera dettagliata dall’omonima testata giornalistica online.
Da dove arriva? Cosa condividono queste persone diverse che hanno in comune solo il fatto di vivere in una delle città più inquinate del mondo?
Il “milanese imbruttito” può considerarsi un brillante esempio di esperimento sociale di condizionamento delle masse condotto su larga scala dal dopoguerra ad oggi.
Grazie a particolari caratteristiche storiche, geografiche e sociali, Milano si è infatti prestata con un terreno particolarmente fertile per una “programmazione sociale” molto spinta, anticipando largamente quello che sarebbe successo e succederà ovunque in Italia e nel mondo.
Milano, rispetto ad al altre città della nostra penisola, ha una storia meno forte e meno sentita dai suoi abitanti. Quando infatti Roma, nel II secolo d.c., aveva un numero di abitanti pari a quello di Milano oggi, la capitale meneghina era solo una palude infestata dalla malaria.
Nel corso della storia la città del nord ha subito diverse invasioni di orde di giargianesi provenienti dal nord europa e ha patito pesantemente le conseguenze della peste, come raccontato anche da Manzoni.
Solo nell’ultimo secolo ha visto una forte crescita, dovuta anche alla posizione geografica privilegiata negli scambi con il centro europa. Il suo incremento demografico è però stato ed è tuttora dovuto in gran parte da flussi migratori.
Nel dopoguerra per questi motivi Milano è diventata un terreno fertile per accogliere integralmente il modello consumistico americano. I baby-boomers milanesi sono stati i primi in Italia ad abbandonare il dialetto locale che nel giro di 3 generazioni si è pressoché estinto.
La televisione e i media hanno contribuito in maniera significativa all’uniformazione di una sottocultura allineata ad un minimo comune denominatore.
Il Milanese ha smesso di pensare con la sua testa ed è stato educato a pensare per idee preconfezionate.
Non a caso il capoluogo lombardo è considerato la capitale della moda italiana. Moda che rappresenta il modo per uniformarsi ad uno stile comune accettato socialmente per persone che non sono in grado o temono di esprimere la propria personalità.
Il pensiero del milanese imbruttito è stato forgiato grazie ad un sottile disegno attuato durante la “guerra Fredda” con anni di controllo dei media, della politica e delle informazioni.
Anni di stragi impunite, incidenti internazionali, servizi segreti deviati, organizzazioni oscure e segrete, collaborazioni tra la politica e le organizzazioni criminali, scandali internazionali che non hanno risparmiato nemmeno i vertici delle organizzazioni ecclesiastiche.
Il milanese imbruttito di oggi è l’evoluzione dell’impiegato fantozziano degli anni ’70 del secolo scorso ben rappresentato da Paolo Villaggio.
La grande differenza è che Fantozzi si rendeva conto di essere una vittima, mentre l’odierno imbruttito è orgoglioso del suo status di colletto bianco schiavizzato.
La crisi dovuta al Covid19 ha portato ad una ulteriore spinta per il controllo della popolazione: siamo destinati a diventare tutti androidi lobotomizzati come il Milanese Imbruttito?